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Il giudice respinge il ricorso dei 6 ex vigilanti di Lavoro e Giustizia

Clamorosamente bocciata la strategia dell’avvocato Piccolo
4/10/2013 23:18

Sparanise, di Enrico Petrella – Si è conclusa nel peggiore dei modi la vicenda giudiziaria di sei degli undici ex vigilanti della cooperativa Lavoro e Giustizia che lavoravano presso la centrale termoelettrica della Calenia Energia, nell’area industriale di Sparanise. Amedeo Fattore, Bruno Esposito, Antonio Mandara, Sergio Leone, Di Fiore e Zanna, tutti difesi dall’avvocato Salvatore Piccolo, consigliere comunale di opposizione, si sono visti bocciare clamorosamente il ricorso che il legale aveva inoltrato quasi un anno e mezzo fa, dal giudice del lavoro dottor Cervelli.
In attesa di leggere le motivazioni che hanno portato alla clamorosa bocciatura del ricorso sembra evidente, almeno stando all’evidenza dei fatti, che la strategia difensiva adottata dal loro legale avvocato Salvatore Piccolo, consigliere comunale di opposizione, si è dimostrata completamente sbagliata ed inadatta al caso di specie. Gli effetti della decisione del giudice sono, a questo punto, da considerarsi veramente drammatici per gli ex lavoratori e per le loro famiglie soprattutto se si confrontano con il diverso esito che era toccato, all’inizio dello scorso mese di giugno, agli ex lavoratori Barbato Giuseppe, Della Gatta Cristofaro, Formato Massimiliano, Sclama Giovanni e Senese Armando, tutti difesi dagli avvocati Angelo Golino e Valentina Tartaglione, che avevano ottenuto la reintegra ed un indennizzo economico. Per loro cinque il giudice, che aveva rigettato la chiamata in causa della Calenia Energia, diversamente dalla strategia adottata dall’avvocato Salvatore Piccolo, aveva dichiarato l’inefficacia dei licenziamenti comminati ai ricorrenti e disponendo il reintegro immediato sul posto di lavoro o in altri equivalenti per tutti e cinque. Oltre al pagamento delle spese legali che ammontavano a circa 5.500 euro, il giudice Vincenzo Pascale aveva inoltre condannato “Lavoro e Giustizia”, a corrispondere a ciascun ricorrente, a titolo di risarcimento del danno, un’indennità commisurata alla retribuzione globale, oltre agli interessi, che si aggirava intorno ai 20/25.000 euro per ciascun lavoratore, dalla data del 30 giugno 2012 alla effettiva data di reintegro. Purtroppo per i sei difesi dall’avvocato Salvatore Piccolo, consigliere comunale di opposizione, l’epilogo è stato nefasto su tutta la linea: nessun reintegro sul posto di lavoro e neanche un centesimo di indennizzo. Una sconfitta pesantissima che si abbatte sugli ex lavoratori che non avevano voluto seguire la strada dei loro colleghi che, invece, si erano rivolti ad avvocati specializzati in diritto del lavoro ed al sindacato. Adesso, in attesa di leggere le motivazioni, a Fattore, Esposito, Mandara, Leone, Di Fiore e Zanna non resta da fare altro che provare a fare appello, magari con una strategia migliore e più efficace, con la speranza di ottenere, in toto o almeno in parte, il risultato positivo dei loro ex colleghi. Sin qui la cronaca degli eventi che, tuttavia, per i suoi risvolti drammatici apre ad un paio di considerazioni di carattere generale e sociale. La prima: non si specula e non si scherza con il lavoro delle persone. E’ immorale, irriguardoso, crudele e pericoloso. La seconda: la politica, quando non è di aiuto, dovrebbe essere tenuta rigorosamente fuori da argomenti delicati che riguardano il lavoro. Per intenderci meglio, la seconda considerazione vale sia per chi persegue in maniera criminale il disegno politico, sia per chi, consapevolmente, o peggio ancora inconsapevolmente, ne è, invece, la vittima preannunciata. Sarebbe ora di piantarla con questo gioco al massacro praticato sulla carne viva delle persone umili e perbene del sud Italia. Basta con il giochetto, tipico delle campagne elettorali, della consegna dei libretti di lavoro a garanzia di un posto che non verrà mai e se pure viene è illegale: perché il voto di scambio è reato, oltre che essere immorale. Basta con i ricatti fisici e morali, con le ritorsioni che sono tipiche dell’atteggiamento camorristico e di chi minaccia di infilare le mani nel portafoglio pur di estorcere una preferenza. Sarebbe ora di riportare la politica alla sua condizione normale e cioè di strumento positivo, di momento di confronto, di dialogo e di capacità di concertare scelte idonee a realizzare concretamente qualcosa per tutti i cittadini e non, viceversa, ridurre le aspettative di questi ultimi a strumento di cui servirsi per esercitare quel potere ricattatorio ed auto conservativo che oggi qualcuno dalle nostre parti vorrebbe far passare per “a pulitica”. I tempi sono cambiati da un pezzo e alle bugie non ci crede più neanche Pinocchio, che pure ne raccontava tante … Se poi ci sono ancora fessi che proprio non ce la fanno a non essere presi per i fondelli, non rimane altro che un antico adagio: Chi è causa del suo mal, pianga se stesso !!!
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