Riceviamo e pubblichiamo - Poiché il mio intervento (“La finestra catalana”) sembra aver suscitato qualche interesse, mi sento incoraggiato a proseguire, grazie alla disponibilità dell’amico Ilario. Quello che mi piacerebbe proporre ha come modello ispiratore le celebri “Passeggiate campane” di Amedeo Maiuri, libro di grande spessore non soltanto storico-archeologico ma anche letterario, essendo il suo autore oltre che uno dei più grandi archeologi italiani anche uno scrittore godibilissimo.
Nel mio piccolo vorrei limitarmi alle più modeste “Passeggiate calene”, compiendo un viaggio nel tempo e nello spazio in lungo e in largo per le nostre terre. Naturalmente, darò più spazio alle realtà che conosco meglio, come Sparanise, Francolise e Calvi, ma vi assicuro che già questo basta ed avanza.
Comincerò riportando un estratto dalla ““Corografia dell’Italia” di G. Rampoldi pubblicata nel 1834 riguardante una breve descrizione del nostro paese:
SPARANISI - Villaggio del regno delle Due Sicilie, provincia di Terra di Lavoro, Distretto di Gaeta, cant. di Carinola, con circa 1800 abitanti. E’ stazione postale tra Capua e Sant’Agata di Sessa, lungo la strada consolare o via Appia. Verso levante ha ridenti colli coperti di viti e piante fruttifere, ed a ponente ha vasti campi che al principiare di giugno presentano ondeggianti messi di maturi cereali. E’ dalle vicinanze di Sparanisi che comincia quel magnifico stradone fiancheggiato da alti pioppi che in retta linea conduce a Mondragone, luogo di caccia reale. Sta tre miglia a levante da Carinola.
Quello che mi ha colpito in questa succinta descrizione è che i nostri colli erano ricoperti di viti e piante da frutto, mentre i campi erano coltivati a cereali. Se tornassimo indietro di 2000 anni troveremmo praticamente la stessa situazione; infatti, in epoca romana l’area sub collinare e collinare era ricoperta da oliveti e vigneti, mentre l’area di pianura era occupata da distese di farro. Come sappiamo che davvero era così? Ce lo dicono i dati archeologici e le fonti scritte antiche. Le ville rustiche rinvenute tra Francolise, Sparanise e Calvi, risalenti tutte a un periodo compreso tra il II secolo a.C. e il II-III secolo d.C., presentano impianti per la produzione di olio e vino (a Sparanise, il complesso produttivo-residenziale di Briccelle). Dalla ricerca di superficie, poi, sappiamo che a Sparanise, presso Masseria Gargiulo (appena dietro l’area del tabacchificio) si trovano i resti di un frantoio uguale a quello delle ville romane di S. Rocco e di Posto a Francolise; sempre a Sparanise, nel centro storico del paese, tra via Le Castagne e via Selleria, c’è la base di un antico torchio, probabilmente di età romana.
Le fonti scritte ed epigrafiche ci dicono che accanto al famoso vino Falerno, prodotto alle pendici del Monte Massico, tra l’epoca tardo-repubblicana e quella imperiale vengono prodotti altri vini nel nostro territorio, ugualmente di pregio: il caleno (evidentemente prodotto nell’ager Calenus) e lo Statano (che è un territorio compreso tra l’ager Falernus e l’ager Calenus).
Queste produzioni sono venute meno nei secoli successivi, o per lo meno si sono fortemente contratte. Eppure, nel XIX secolo troviamo la descrizione sopra riportata, che potrebbe estendersi sia al territorio circostante sia ai decenni successivi, almeno fino alla metà del XX secolo.
Sappiamo come sono andate le cose dopo: in pianura, ai cereali si sono sostituite le coltivazioni di tabacco e di alberi di pesco prevalentemente, mentre le aree collinari sono state progressivamente abbandonate. Oggi il risultato di tutto questo è un paesaggio alquanto desolante, anche perché in pianura non si coltiva più neanche il tabacco ed i frutteti hanno subito un forte decremento a scapito di insediamenti industriali talora discutibili o semplicemente speculativi; d’altra parte l’area collinare sembra più una sorta di savana percorsa da rari alberi e piante di strame, mentre le “cese” dei nostri nonni sono state quasi tutte abbandonate.
Con questo non voglio dire che si stava meglio quando si stava peggio. Indubbiamente il progresso ha portato tante comodità: si vive meglio e più a lungo e le nostre abitazioni sono spaziose, asciutte e comode, ecc.. E, del resto, le cose cambiano comunque. La civiltà contadina che ha caratterizzato le nostre terre non esiste praticamente più, eppure è importante conoscerla e saper apprezzarne alcuni valori, oltre che certi aspetti della vita che forse era più sensata di quella attuale. Ma torniamo alle nostre “passeggiate”.
Il centro della vita cittadina a Sparanise era e, per certi versi lo è ancora, la piazza. Ma come si è andato formando questo fondamentale spazio sociale nel tempo? Credo di poter ricostruire l’evoluzione di questa parte del centro storico con una certa attendibilità. Intanto, fino al pieno medioevo probabilmente non esisteva una vera piazza. Il piccolo abitato, che conosciamo con il nome di Sparanise a partire almeno dal XVI secolo, nell’alto medioevo era rimasto limitato a poche casupole, da quando cioè, a quanto sembra nel X secolo, attorno alla chiesetta di S. Vitaliano fatta edificare dall’abate Roffredo si era andata raccogliendo una piccola comunità che costituì uno dei casali di Calvi. L’ipotesi che sostengo riguardo l’evoluzione urbanistica di Sparanise si fonda su preesistenze di età romana rappresentate dalla presenza di un asse della centuriazione calena lungo il quale, o immediatamente a ridosso di esso, sappiamo che erano sorte alcune ville rustiche. Il persistere di tale tracciato in quello che è il principale asse viario urbano del paese, ossia Corso Solimene-Corso Matteotti, è indizio di una forma di continuità abitativa che ha attraversato i secoli bui per fiorire finalmente in epoca rinascimentale. Nel medioevo l’abitato di Sparanise era limitato dunque ad abitazioni disposte lungo questo asse, grosso modo tra il settore di Corte Ricca-Cappella e l’attuale piazza e, soprattutto, alla zona compresa tra via Le Castagne, via Pozzo Vecchio, via Selleria. La conformazione urbanistica di questa parte del paese è, infatti, tipicamente medievale: le strade sono sinuose e interrotte da numerosi vicoli, che spesso si aprono su piccole corti dove si affacciano le abitazioni. Un altro nucleo, che raccorda lo spazio attualmente occupato dalla piazza al “blocco” appena descritto, era quello che si articolava tra via Capodimonte e via De Renzis, almeno fino a Corte Marinelli o poco oltre. Le principali direttrici viarie erano: a nord via S. Vito, che si prolungava in una strada di campagna costeggiante le colline e che portava agli altri casali di Calvi, ossia Visciano, Zuni, Petrulo; ad est via del Torello, che nel suo prolungamento si raccordava a via Mazzeo, la quale giungeva a Calvi Vecchia; ad ovest via Capodimonte che menava, valicando le colline, a Montanaro, e via De Renzis che conduceva alla Torre di Francolise oltre che a Montanaro per un percorso più agevole ma più lungo; infine, a sud una stradina portava alla chiesa di S. Vitaliano e, più oltre, su via Catena e la pianura francolisana.
Dopo questo excursus ritorniamo alla piazza. Sarà soltanto nel XVI secolo che questo spazio si andò definendo meglio. In questo secolo assistiamo, infatti, ad una notevole crescita demografica e, verosimilmente, anche urbanistica del nostro paese. Viene costruita la chiesa di S. Sebastiano, all’estremità sud/ovest dell’attuale piazza, con la facciata rivolta a nord e un ingresso laterale ubicato sul lato est. Questo nuovo edificio di culto, realizzato nell’ultimo quarto del XVI secolo, veniva incontro alle esigenze della popolazione in quanto la chiesa parrocchiale di S. Vitaliano distava dal centro abitato un quarto di miglio (ossia poco meno di mezzo chilometro) e ad essa si arrivava percorrendo un sentiero che costeggiava un rivolo di scolo delle acque provenienti dal paese; era dunque un percorso piuttosto malagevole da fare, soprattutto in inverno. Sparanise a quel tempo era già il casale più popoloso di Calvi, contando oltre 400 abitanti. Questo dato, ricavato dalla visita pastorale di Monsignor Maranta avvenuta nel 1583, ci fa comprendere quanto poco popolato fosse l’agro caleno nel medioevo, benché alcuni centri avessero un numero di residenti più consistente: ad esempio, Giano contava circa 450 abitanti, Pignataro oltre 600 e Camigliano più di 700. Ma il ‘500 deve essere stato un secolo importante per Sparanise, perché oltre alla costruzione della chiesa di S. Sebastiano, intitolata a questo santo forse perché si credeva che proteggesse da pestilenze e carestie, viene costruita anche una cappella nel centro del paese. Sempre nell’ultimo quarto del XVI secolo, infatti, per volontà dei fratelli Ricca viene edificata la piccola cappella di S. Maria degli Angeli, che è quella che conosciamo come “la cappella”posta sulla destra risalendo Corso Solimene, all’altezza di vico Corte Ricca; sopra l’altare c’era una raffigurazione della Beata Vergine dipinta sul muro (chissà se c’è ancora, magari sepolta sotto strati di intonaco e vernice). Anche questa notizia ci induce a ritenere che Sparanise fosse in piena espansione urbanistica e demografica; ma il dato che più di ogni altro conforta tale ipotesi è quello riguardante la costruzione, pochi anni dopo, della chiesa madre dedicata all’Annunziata. Già nei primi anni del XVII secolo si pose mano alla costruzione dell’edificio, la cui benedizione solenne avvenne nel 1610. In sostanza, dopo sei secoli durante i quali la chiesetta di S. Vitaliano era stata presumibilmente l’unico edificio di culto, soddisfacendo quindi le esigenze spirituali della comunità, nel giro di pochi decenni vengono edificate altre due chiese, per di più a distanza di meno di cinquanta anni l’una dall’altra. Tutto questo non si può non mettere in relazione, non solo ad una crescita demografica accelerata, ma anche ad una condizione socio-economica decisamente migliore, per lo meno per alcune famiglie sparanisane.
Ma, dopo questo robusto slancio, che durò almeno fino alla metà del XVII secolo, assistiamo ad un periodo di regressione demografica che, a voler dare credito ai dati riportati da fonti ecclesiastiche, decimò letteralmente la popolazione dell’agro caleno, e Sparanise sembrerebbe essere stato uno dei centri più colpiti da questo fenomeno. Stiamo parlando della crisi della metà del ‘600 il cui apice fu raggiunto negli anni della peste.
Continua …
|