Pignataro Maggiore – Segnaliamo con piacere l’ultima fatica letteraria di Enzo Palmesano, giornalista professionista di Pignataro Maggiore, già capo servizio del Secolo d’Italia e direttore del Roma.
L’autore, profondo conoscitore delle dinamiche interne al mondo della destra italiana avendo fatto parte del Comitato centrale del Msi-Dn e dell’Assemblea nazionale di An, partiti nei quali ha militato per trent’anni, dal 1972 al 2002, spiega che il libro nasce da una contraddizione. “È la contraddizione dell’essere – come direbbe il mio amato Pier Paolo Pasolini – con Fini per le cose che ora dice e, allo stesso tempo, contro di lui. Fini è ancora un “fascista immaginario”, che vuole essere il leader di una “destra nuova”, una destra dei diritti che piace alla sinistra in difficoltà politica e in cerca d’autore e ai giornali antiberlusconiani”.
Secondo Palmesano, la sfida di Gianfranco Fini a Silvio Berlusconi, lanciata clamorosamente in diretta tv durante la Direzione nazionale del Pdl del 22 aprile 2010, viene da lontano: l’antiberlusconismo di destra, infatti, nasce e si sviluppa parallelamente a quello di sinistra, e anch’esso non è esente da ambiguità e contraddizioni.
È uno dei temi nodali di questo libro, in cui Palmesano ricostruisce in maniera non convenzionale, provocatoria e con voluti paradossi, la parabola politica di Gianfranco Fini, dall’almirantismo senza Almirante al recupero di parole d’ordine che un tempo appartenevano ai suoi avversari Pino Rauti e Beppe Niccolai.
Nella battaglia in atto nel Pdl, non a caso gli ex almirantiani sono schierati contro l’ex leader di An, mentre gli ex rautiani si presentano come i più combattivi sostenitori del finismo.
Il percorso di Gianfranco Fini, teso ad accreditare sullo scenario politico la sua idea di “destra dei diritti”, sensibile alle attese delle minoranze, ha offerto al presidente della Camera un nuovo terreno di dialogo anche a sinistra, con ambienti insospettabili e finora sospettosi nei suoi confronti. Resta da capire se il gioco del continuo “spariglio”, in costante polemica con il premier e la Lega nord (dal rifiuto della xenofobia fino all’inedito, laico e repubblicano patriottismo costituzionale), sia destinato a restare nell’alveo tattico del “fascismo immaginario” o se ci troviamo alla vigilia di qualcosa di strategicamente e completamente nuovo.
Gianfranco Fini ha, rispetto a Berlusconi, uno svantaggio enorme, non solo in termini di potere economico, politico e mediatico. La destra italiana, in quanto erede del fascismo e della Repubblica di Salò, deve fare i conti con il fardello della storia: niente a che vedere con la Francia, dove la destra di Sarkozy deriva dal gollismo ed è quindi figlia dell’antifascismo e della Resistenza. Svantaggio aggravato da alcuni errori di strategia commessi da Fini, su tutti quello di non aver mai cancellato la nostalgica Fiamma fascista dal simbolo del partito di cui era leader.
«Io non sono un giornalista qualsiasi, uno dei tanti che avrebbero potuto scrivere un libro su Gianfranco Fini, - dice Palmesano - per trent’anni ho fatto politica attiva nel partito e ho firmato il documento di condanna dell’antisemitismo e delle leggi razziali approvato il 27 gennaio 1995. Quel documento diede credibilità (anche internazionale) alla svolta di Fiuggi. Io non sono mai stato un “uomo di destra”, ho militato nel partito da “fascista di sinistra”. Comprendo che è difficile capire il significato di questa contraddizione, ma è stata la sostanza del mio impegno politico. Spero di aver dato con questo libro un contributo di idee per capire dove andrà Fini. Se a sinistra, se a destra, se in pensione, dopo la clamorosa rottura in diretta tv con Berlusconi».
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