Editoriale – Diciamocelo con franchezza e senza peli sulla lingua: in Provincia di Caserta abbiamo quasi definitivamente perso la speranza di vivere meglio in una società un tantino più civile. Oggi pomeriggio, guardando lo speciale di Current tv con Saviano e Al Gore, ho provato a fare dei parallelismi neanche troppo spinti considerando le terre di provenienza del primo, associandola alla cruda realtà del quotidiano, e del secondo, immaginandola come la terra della libertà e del sogno del tutto è possibile. Ne è venuto furori un intenso momento di riflessione che mi ha spinto a scrivere le quattro righe che state leggendo con la speranza di riuscire a trasmettere realmente le emozioni profonde che ho provato pochi minuti fa. Lo stato di sofferenza che vive Terra di Lavoro è sempre più drammaticamente evidente, opprimente e soffocante al punto tale da indurre migliaia di casertani a scappare via dalla terra in cui sono nati e cresciuti, alla ricerca di una terra dove poter ricominciare a sperare. Già, la speranza. L’antico adagio diceva: la speranza è sempre l’ultima a morire. Qui sembra che i giovani abbiano perso anche la voglia di sperare, figurarsi di immaginare un futuro che li veda protagonisti. Dal punto di vista di chi per mestiere osserva la società, ne legge quotidianamente gli umori e le sfumature e cerca di descriverla, questo stato di rassegnazione finisce per essere avvilente. Non passa giorno che non mi capiti di leggere dati negativi che interessino la nostra provincia sempre puntualmente relegata in fondo alle classifiche. Ambiente: la lista è cosi drammaticamente lunga che già dopo 10 righe viene la nausea. Camorra, lavoro, benessere sociale. Siamo sempre li, in fondo, grazie alle mirabolanti imprese di camorristi che per incassare profitti illeciti hanno sotterrato nella nostra ( ma anche nella loro…) terra di tutto e di più. Gente di malaffare che però troppo spesso trova amministratori pubblici compiacenti, magari eletti proprio grazie a loro, come complici del gioco che ha come fine ultimo il massacro delle coscienze. Un sistema negativo ma parallelo andato in crash con il sistema positivo che dovrebbe regolare e garantire un’esistenza civile a chi abita queste terre. E’ dal 1996, anno in cui sono ritornato a Sparanise, che la scena politica è calcata sempre dalle stesse persone. E’ dal 1996 che sento parlare sempre degli stessi irrisolti problemi. Ora, una riflessione viene spontanea: se i problemi sono sempre gli stessi, come sono sempre gli stessi i politici che amministrano la nostra provincia è lecito, oltre che sacrosanto, chiedersi come mai, nonostante l’evidente fallimento, loro, esattamente come i problemi, sono sempre li? Possibile che questa terra non abbia la forza e la voglia di iniziare un cambiamento capace, col tempo, di fare sistema, quello positivo si intende ? Oggi è il primo maggio e la mente mi ha spinto a ricordare altri momenti simili della mia vita trascorsa a Sparanise. Negli anni ’80, da studente delle scuole medie ricordo le manifestazioni per difendere il lavoro della Pozzi Ginori, la grande fabbrica che dava oltre al cibo anche la dignità a centinaia di sparanisani. Da studente dell’ITC ricordo le assemblee per discutere sul rilancio occupazionale dell’area, che nel frattempo era diventata della ex Pozzi e della cassa integrazione data ai lavoratori. Da studente universitario ricordo gli anni della chiusura definitiva, del commissariamento e del dissesto finanziario del Comune. Poi, al mio ritorno, in quella che poi sarebbe (sulla carta) diventata città, ricordo, gli anni della speranza e del timido tentativo di rilanciare l’area industriale con l’apertura di nuove realtà, contrastato, qualche anno più tardi, dal colossale fallimento del Tabacchificio, l’altra grande fabbrica di Sparanise. A pensarci bene a Sparanise c’è sempre stato qualcuno che le cose le voleva cambiare sul serio, creando dal nulla sistemi virtuosi che per decenni hanno contribuito a formare gente libera e fiera di poter dire io lavoro a Sparanise. Il problema sta tutto nel fatto che le generazioni che si sono succedute al potere non sono state capaci di interpretare i cambiamenti della società e hanno preferito sfruttare l’inerzia piuttosto che scegliere soluzioni innovative e vincenti. Ma adesso le cose non vanno per niente bene. Le uniche realtà industriali presenti sul territorio potrebbero offrire in termini non tanto di quantità ma almeno di qualità, molto di più, ma, forse a causa della complicità di una classe dirigente sempre più autoreferenziale ed in cerca della soluzione ai problemi personali piuttosto che generali, e al venir meno, quindi, di quell’azione di controllo e di stimolo necessaria a tenere in piedi la giusta tensione, la situazione appare sempre più drammatica e senza soluzione. Lo specchio del fallimento della classe dirigente locale trova riscontro con quanto sta accadendo nella nostra Provincia nelle ultime settimane. Ad un mese dalle elezioni provinciali non si sa ancora come è da chi sarà composta la giunta. I soliti nomi, pseudo politici ( dove politico è davvero una parola grossa rapportata a gente che nel passato ha contribuito a fare la storia…), spesso sfaccendati, nominati deputati o senatori, capre ignoranti o saccenti speculatori e affaristi, luridi ladri di futuro, esercitano, talvolta con metodi intimidatori che lasciano trasparire il modus operandi tipico della terra d’origine, in toto una forma di potere volta a perseguire solo ed esclusivamente la loro permanenza sulle poltrone. In due parole: pensano solo ai cazzi loro e a come fottere ( in tutti i sensi…) il più possibile. E’ di fronte a queste scenette tristi ed inquietanti che mi chiedo: ma cu sta gent a rò iamm ? Il potere e la camorra sono in provincia di Caserta un unicum imprescindibile e quanto è emerso da inchieste giudiziarie, libri e servizi giornalistici altro non è che lo specchio di una società priva di un’identità normale, dove la legge della pistola, del ricatto e dell’affare a tutti i costi ha finito per oscurare tutti coloro che la rifiutano ma che per paradosso subiscono sempre più sommessamente i nefasti effetti della sua puntuale e rigida applicazione. Nella costituzione americana viene sancito il diritto alla felicità. In quella italiana la felicità non è menzionata, ma sarebbe bello poter raccontare che grazie alla sua applicazione anche in provincia di Caserta le persone possano essere felici e ritornare a sperare in un futuro da vivere a casa propria e da protagonisti. Magari con un lavoro. Buon primo maggio, Ilario Capanna
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