Sparanise – Uno strano destino ha recentemente accomunato due sindaci dell’agro caleno che avevano stretto un patto di ferro: Giacomo Zacchia di Calvi Risorta e Salvatore Piccolo di Sparanise. Entrambi sono stati defenestrati prima della scadenza del loro mandato, e questo fatto la dice lunga sulla crisi politca che entrambe le cittadine dell’agro caleno hanno recentemente attraversato. Eppure c’è una sorta di fil rouge che unisce i due e che aiuta a spiegare come sono andati realmente i fatti: il loro comune mentore politico. Il caleno Zacchia, di professione farmacista, fu politicamente inventato da Antonio Merola, allora sindaco di Sparanise e vice coordinatore provinciale di Forza Italia, in occasione delle elezioni provinciali del 2000. Giacomino, come affettuosamente lo chiamano a Calvi Risorta, ottenne una prestigiosa candidatura nel collegio di Sparanise e da quel momento in poi fu introdotto, politicamente parlando, negli ambienti che contano. Nel 2004 la grande occasione. Forte dell’appoggio di Merola, Zacchia, sfruttando la non candidabilità dell’amatissimo sindaco caleno Antonio Caparco, ottenne la candidatura a sindaco e rieusci a spuntarla. L’anno successivo però, avvenne lo strappo con chi lo aveva politicamente creato. A decretare la rottura definitiva con Antonio Merola fu la candidatura del sindaco di Calvi Risorta alle elezioni provinciali del 2005 tra le fila dell’Udeur, quindi in contrapposizione con lo stesso Merola che nel medesimo collegio venne candidato con Forza Italia. Fu in quella occasione che il tradimento politico di Zacchia provocò lo strappo definitivo con Merola. Negli stessi concitati giorni, si svolsero pure le elezioni comunali di Sparanise. Non potendosi candidare a causa del vincolo del doppio mandato consecutivo, il leader azzurro Merola scelse come candidato a sindaco Salvatore Piccolo, di professione avvocato, che aveva dato prova di forte spirito di abnegazione, riuscendo, in tutti i modi possibili ed immaginabili, a conquistarsi un’insperata e miracolosa fiducia, nonostante i pareri contrari dei più stretti collaboratori di Merola, al punto tale da ricevere una sorta di passaggio di consegne, ai più semplicemente impensabile se rapportato al suo curriculum politico. Ma tent’è. Insomma per Piccolo la candidatura si trasformò in una sorta di terno secco sulla ruota di Napoli. Ma nonostante tali pirotecniche premesse, forse perché semisconosciuto alla stragrande maggioranza della popolazione, Piccolo riuscì a spuntarla solo per pochi voti. E cosi, dopo un avvio anonimo ed in sordina, Piccolo incominciò, complice anche la solita ubriacatura da potere, a venir meno agli accordi politici che lo avevano portato alla conquista della fascia tricolore, fino ad arrivare alla totale rottura, anche egli come Zacchia, con colui il quale lo aveva letteralmente seduto sulla poltrona. Ma poiché la storia è fatta di corsi e di ricorsi storici che solo gli stolti ed i boriosi accecati dall’autocelebrativismo non riescono a riconoscere, le cose, e gli eventi hanno improvvisamente smesso di girare in un certo modo. E cosi, i due ex pupilli di Merola, che con modalità quasi del tutto simili hanno tradito il loro inventore politico, nel breve volgere di 53 giorni, hanno avuto modo di assaporare l’amaro calice di una sconfitta politica senza precedenti. La sorte ha voluto che il primo ad essere mandato a casa fosse Giacomino Zacchia, sfiduciato il 29 dicembre 2008, con le dimissioni contestuali di 9 consiglieri comunali. A 53 giorni di distanza, il medesimo trattamento è stato riservato a Salvatore Piccolo, che il 20 febbraio scorso è stato mandato a casa con le dimissioni di 9 consiglieri! Sembra una trama kafkiana, ma è semplicemente la realtà dei fatti. Gli assetti di oggi, in vista delle elezioni amministrative del 6 e 7 giugno, vedono un patto politico molto solido tra Antonio Merola e Antonio Caparco ed è proprio a loro due che si deve questo riequilibrio politico in salsa calena. Certo, se Zacchia e Piccolo avessero solamente voluto passarsi la mano per la coscienza avrebbero potuto evitare la figuraccia di essere entrambi sfiduciati dalla medesima regia. Insomma, come recita un antico ed infallibile adagio popolare: chi di spada ferisce, di spada perisce...
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