Sparanise – Ecco un ritratto del salesiano Mario Di Giovanni, nostro illustre concittadino tragicamente scomparso 25 anni fa a Fossano in provincia di Cuneo. La Storia - Quando l’ingegno si incontra con l’onestà, il capolavoro è garantito. Capitò così per Mario, una vita dedicata al dovere, fino al sangue, condita con quella mistura fatta di intelligenza viva, di generosità senza ripensamenti, di onestà, e di un senso del dovere che non concedeva deroghe. Mario si trovò a Valdocco, l’oratorio di Don Bosco, a 14 anni e lì decise che la sua casa per l’avvenire sarebbe stata quella, e la sua nuova famiglia sarebbero diventati i confratelli che avevano fatto la stessa scelta e i giovani che l’obbedienza gli avesse affidato, e Don Bosco il suo punto di riferimento per sempre. Avrebbe desiderato intraprendere la via del sacerdozio, ma una brutta artrosi non glielo permise. La cosa non lo scoraggiò più di tanto: l’importante era rimanere con Don Bosco e ci rimase. Come salesiano laico. Il suo lavoro e capolavoro fu il laboratorio di meccanica, il suo laboratorio, quello in cui era capo, insegnante, custode, manutentore, innovatore… Schizzi, disegni, progetti: sognava in grande. Un sogno, il suo, cui dedicò intelligenza, cuore, energie. Seguiva uno per uno i suoi allievi, insegnava la precisione, era convinto che il lavoro fosse espressione dell’uomo, che rivelasse la sua impronta, il suo genio, che fosse il marchio di fabbrica della sua individualità. Nel laboratorio trascorreva ore ed ore anche dopo le lezioni. Quando la notte era già alta e il buio occultava finestre e avvolgeva corridoi e aule, una luce rivelava che in una stanza c’era ancora attività, era quella del suo ufficio. Lui era lì a correggere i compiti, preparare esercitazioni, progettare migliorie… Così fino a quella disgraziata notte del 28 febbraio 1983. Incaricato della disciplina dell’Istituto di Fossano, uomo retto, di assoluta onestà, riempito dell’amore a Don Bosco e ai giovani, egli esigeva dai ragazzi responsabilità, impegno, obbedienza. Spesso era costretto a intervenire perché tutto filasse liscio e l’ambiente mantenesse quella serietà tanto propizia allo studio, alla preghiera, alla convivenza armonica
Lo fece anche con due convittori la cui condotta turbava il delicato equilibrio necessario in un collegio dove un centinaio di giovani di diversa estrazione, con caratteri spesso opposti e idee divergenti, convivevano gomito a gomito 24 ore su 24. Intervenne con decisione: far finta di niente e lasciar perdere poteva significare la ingestibilità dell’ambiente, con tutte le conseguenze che un tale stato di cose può portare con sé. Fatto sta che Mario incappò quella volta in un risentimento assurdo, il cui epilogo fu tragico. La sera del 28 Febbraio 1983 venne chiamato da uno dei due per soccorrere l’altro che fingeva di sentirsi male. Mario si precipitò subito verso l’angolo indicato, spinto dal dovere e dal sincero amore per i giovani che rimproverava quando occorreva, ma che amava in modo genuino e disinteressato. Si chinò su di lui… Gli fu fatale. Colpito prima con un martello da chi l’aveva chiamato, poi anche dall’altro, egli si accasciò a terra dicendo: “Madonna mia…Madonna mia…..Che cosa fate? Io vi perdono!”
Mario Di Giovanni lascia a noi una testimonianza di dedizione totale ai giovani nella verità delle cose, nella volontà di offrire in modo costante e coerente con se stesso prima ancora che con gli altri una formazione educativa fondata non su sdolcinature inconcludenti, ma nella serietà e probità di vita e di azione.
Mario è Dono di Dio: amato e stimato da tutta la Comunità Salesiana di Fossano e non solo, dedito ad ogni istante della sua vita per i giovani, i “suoi” giovani, anche per quelli che né hanno tradito l’amore.
Ha testimoniato nel Perdono Supremo quanto ha vissuto nell’amore ogni istante della sua vita consacrata.
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