Santa Maria Capua Vetere - Federico Novella articolo tratto da Il Giornale del 20 gennaio 2008) - «Uè, non starete mica reccistrand?». Il procuratore schizza in piedi come un tarantolato. Si accorge che le telecamere sono accese. Sbarra gli occhi, s’abbottona la giacca, s’aggiusta gli occhiali: «Ma scusate! Maronna mia, mi fate un fegato così!». Pensi alla figura storica del magistrato e ti viene in mente l’austero signore con la toga e il parruccone in testa, il codice in una mano e la bilancia nell’altra, quello che affronta il suo delicato ufficio con riserbo, che decide sulla vita delle persone, che dosa le parole, quasi le sussurra. Poi accendi la tv e vedi Mariano Maffei: «Uè, mò ve lo do io il comunicato! Maronna... Mò querelo tutti!». E allora pensi: ho sbagliato canale? Sono sintonizzato sul telegiornale, o su un classico della commedia all’italiana? No perché i requisiti ci sono tutti: brevilineo, fronte aggrondata, gli scatti d’ira improvvisi, e poi quella mistura lessicale di termini giuridici con badilate di dialetto. Dobbiamo concludere che il procuratore di Santa Maria Capua Vetere non è solo un magistrato: è un caratterista fatto e finito. Di più: è l’icona di un tipo italiano. Certo: spesso l’apparenza inganna, ma in questo caso l’apparenza travolge. Direi quasi emoziona. Come ti può emozionare uno sketch di Nino Taranto o il Sarchiapone di Walter Chiari. Con una piccola differenza: quella è finzione, mentre questa è realtà. E la realtà è fatta di arresti, manette, reputazioni e vite rovinate. Mai se lo sarebbe aspettato, a 70 anni suonati, di cui 44 in magistratura, di diventare l’uomo del momento. E pensare che gli mancavano dieci giorni alla pensione, tant’è che lo stress si fa sentire: «Ho tre bypass di cui uno otturato, e un’embolia all’occhio sinistro». Pare che un occhio, giudiziariamente parlando, l’abbia chiuso pure col nipote, il presidente della Provincia di Caserta De Franciscis. L’avete letto sul Giornale: due pesi e due misure. Ma lui ribatte a modo suo: «Parente, non parente, i’ nun rispondo, pecché ci sta ’a polemica». Fateci caso: neanche il più grande sceneggiatore di Carosello avrebbe potuto scrivere una frase così. E il punto è proprio questo: Maffei è il magistrato che non t’aspetti, è troppo bello per essere vero. Non a caso il video della sua conferenza stampa inaugurale è già cult. Su You Tube ha toccato quota sedicimila visitatori. C’è pure la parodia musicale, il «Mariano-Rap», con le invettive a tempo di musica: «Uè, mò facciamo l’interrogatorio!». Che sia già diventato un idolo postmoderno, è dunque indiscutibile. Che poi sia pure un procuratore senza macchia, non possiamo dimostrarlo. Mastella, che certo non gli vuole bene, si limita a definirlo «macchietta»: uno che su Repubblica ha parlato con la delicatezza d’un elefante in una cristalleria. Clemente? «Lo querelo». La riforma giudiziaria? «L’hanno approvata con la fiducia, è un sistema dittatoriale, o Dio Santo, il mio fegato si fa così!». Capito? «Sistema dittatoriale». Alla faccia del reciproco rispetto tra poteri dello Stato. Ma con lui te ne devi fare una ragione: ogni sillaba ti disarma, e non sai se ridere o piangere. Al pensiero d’averlo come compaesano, ti tieni la pancia dalle risate. Poi pensi che potresti averlo come accusatore in tribunale. E lì non ridi più.
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