Roma - "Nessuno vuol far sapere cosa sta succedendo al nostro territorio. La situazione e' critica. A dicembre del 2003 sono stati abbattuti in Campania oltre dodicimila capi tra pecore, ovini e bufali che non rientravano nei parametri legali di contaminazione da diossina". Lo ha dichiarato al Velino Leopoldo Iannuzzi, dirigente di ricerca dell'Istituto per il sistema produzione animale in ambiente mediterraneo (Ispaam) del Cnr di Napoli. Ma il rischio maggiore e' per la salute umana. "Il ministero della Salute - ha aggiunto Iannuzzi - non ha mai voluto condurre analisi sul latte materno della donna. Il risultato che ne verrebbe fuori sarebbe spaventoso. Ne deduco che c'e' paura di sollevare una pentola bollente. Nell'uomo e nella donna infatti, la diossina ha piu' tempo per accumularsi. La verita' e' che non si vuol far sapere che la situazione e' critica". La diossina provocata dalla bruciatura dei rifiuti contamina acqua, terreno e piante, passando nel grasso degli ovini e da li' in latte e carne. Lo fanno sapere dal Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) sulla base di una ricerca sulla presenza di diossina negli allevamenti. "Le discariche abusive presenti in Campania e la sistematica bruciatura dei vari residui - ha spiegato Iannuzzi - hanno comportato un notevole accumulo di inquinanti ambientali tra i quali diossine, sostanze altamente tossiche e cancerogene. La popolazione che in questi ultimi mesi ha dato fuoco ai cassonetti per ridurre l'immondizia nelle strade, ha inconsapevolmente favorito l'entrata nel ciclo vitale di questo veleno che inizialmente si deposita su erba, terreno e acque, fissandosi successivamente nei tessuti adiposi degli animali, incluso il grasso del latte". Il limite di diossine consentite per legge equivale a 0,75 nanogrammi per chilogrammo sull'erba e di 10 nanogrammi per chilo nel terreno. "Il problema di fondo - ha precisato Iannuzzi - e' che molti animali come le pecore si nutrono anche di terra acquisendo nell'organismo forti dosi di diossine. Dagli studi fatti e' emerso che nel latte di alcune pecore la quantita' di diossina supera i 50 nanogrammi per chilo". Iannuzzi ha poi raccontato che il comune di Acerra ha finanziato qualche anno fa una ricerca per rilevare la presenza di diossine negli animali. "Nonostante i risultati della ricerca pubblicati a livello internazionale, i finanziamenti sono stati sospesi dopo il primo anno". Stefano Masini, responsabile area ambiente di Coldiretti ha dichiarato al Velino: "Condividiamo gli elementi di apprensione che la scienza oggi pone, senza allarme ma con rigore, all'attenzione pubblica. Gia' in passato, i territori del Casertano hanno avuto il grave problema della contaminazione da diossina nelle mozzarelle di bufala. Occorre fare uno sforzo - ha proseguito Masini - per mappare le aree a coltivazione agricola ed avviare, dove necessario, la produzione no-food di agricoltura energetica. È un sistema per garantire gli alimenti da eventuali contaminazioni e riqualificare e depurare i territori oggi investiti da agenti tossici". Leopoldo Iannuzzi ha osservato infine: "La mozzarella di bufala e' uno dei prodotti alimentari meno contaminati da diossina per via dei processi di trasformazione che subisce. Il problema vero riguarda gli ovocaprini, sono questi infatti le vere sentinelle dello stato di salute dell'ambiente". A testimoniare la gravita' della situazione in Campania - soprattutto per i continui roghi ai cassonetti - e' arrivato anche l'allarme per la catena alimentare lanciato dalla Cia- Confederazione italiana agricoltori: "L'emergenza rifiuti in Campania sta assumendo dimensioni drammatiche e questo si riflette in maniera fortemente negativa anche per l'agricoltura dato che la diossina sprigionata dagli incendi puo' inquinare acqua e terreno". Si corre pertanto il rischio di enormi per le campagne e per l'intero settore agroalimentare. Serve pertanto, ha proseguito la Cia, trovare al piu' presto una soluzione adeguata: "Altrimenti, il problema per il settore agricolo puo' divenire veramente allarmante a causa soprattutto dei rifiuti incendiati che possono provocare effetti deleteri per l'agricoltura e per i suoi prodotti". Infatti, la diossina che si sprigiona dalla bruciatura rischia di inquinare le falde acquifere, le coltivazioni e gli stessi allevamenti di bestiame. In pericolo, dunque, l'intera catena alimentare. "Da qui - ha concluso la Cia - l'esigenza di fare presto, adottando interventi mirati e tempestivi e utilizzando tutta l'innovazione possibile per risolvere casi del genere cosi' delicati". Fonte: Il Velino
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