Roma - A Cosenza, Latina, Campobasso, Pescara, Vibo Valentia, Rieti, Bari, Siracusa, Nuoro, Agrigento, Sassari e Belluno più del 50% dell’acqua immessa in rete sparisce nel nulla. Sul banco degli imputati dell’emergenza siccità ci sono prima di tutti i consumi agricoli e industriali, che occorre riorganizzare, razionalizzare e ridurre. Così come è indispensabile affrontare il problema delle perdite di rete che riguarda buona parte delle città italiane, il 44% delle 89 città per cui è stato possibile fare una stima nel rapporto Ecosistema Urbano 2007, perde più del 30% dell’acqua che immette in rete.
Ma è nelle regioni meridionali che la situazione è drammatica: a Cosenza l’acqua dispersa è il 70% di quella immessa in rete, a Campobasso il 65%.
Emblematico il caso di Agrigento, una città che ha una disponibilità idrica superiore alla media nazionale, ma dove l’acqua viene tutt’oggi erogata ogni 4-10 giorni in relazione al periodo dell’anno e alla zona della città. È evidente che il problema è legato alla fatiscenza e alla irrazionalità della rete, fatta di condotte vecchie e realizzate per pezzi nel corso dei decenni, non un circuito chiuso come sarebbe normale, ma serbatoi completamente isolati.
Il Commissario regionale all’emergenza idrica ha pensato bene di costruire un dissalatore che aumenta la dotazione d’acqua della città di un altro 30%, acqua che ovviamente finisce nella suddetta disastrata rete cittadina.
Dulcis in fundo gli agrigentini comprano l’acqua per cucinare, 10 litri di acqua potabilizzata a 1euro nei “negozi specializzati” sparsi per la città.
Il paradosso di Gela non è meno significativo: l’acqua potabile del lago va allo stabilimento dell’Eni, mentre ai cittadini viene distribuita quella erogata dal dissalatore.
Ma nelle grandi città, anche se il dato è meno eclatante, la situazione degli sprechi non è meno significativa, ci sono capoluoghi spreconi, come Palerno che perde il 47% della dotazione idrica, Catania (42%), Napoli (38%) e Roma (35%), e altri messi meglio, come Milano al 10%: in generale però anche in presenza di perdite contenute, l’alto numero di abitanti contribuisce al dato nazionale.
Il consumo giornaliero di acqua potabile in Italia è di circa 200 litri a testa (dai 106 di Ascoli Piceno ai 360 di Milano). Molto di più di quella che ci serve davvero.
È acqua che è stata prelevata da pompe, talvolta trattata in impianti, analizzata in laboratori sofisticati, distribuita in tutte le nostre case e che, infine, dovrà essere depurata prima di venire restituita ai fiumi o al mare. Sprecare questo bene prezioso è più facile di quel che si creda: un rubinetto che perde una goccia ogni 5 secondi, a fine anno ne ha buttati 2mila litri. Se poi a perdere è il rubinetto dell'acqua calda, è come se si fossero sprecati anche una decina di metri cubi di metano.
Fonte: Ifatti.it
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