Sparanise – Si è concluso con l’assoluzione dal reato più infamante il processo a carico di Don Gianfranco Roncone, ex parroco di Presenzano. La sentenza emessa dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere lo ha assolto dall’accusa di abusi sessuali su minore perché “il fatto non sussiste”. Già, “il fatto non sussiste”,una formula che sta iniziando a diventare di moda nella cittadina calena ma che giunge dopo anni di gogna mediatica dove la vita del religioso di Sparanise è stata, come da copione, letteralmente devastata da una stampa che ormai ha totalmente perso il riferimento della corretta condotta deontologica, dove la condanna, sistematica e preventiva, propalata attraverso il sensazionalismo più becero e disgustoso, finalizzato non a svolgere correttamente il dovere di informare ma squallidamente usato per raggranellare qualche visualizzazione in più utile solo a produrre un incasso di qualche centesimo di euro. E’ questo l’effetto della giungla selvaggia prodotta dai social media. Un mondo virtuale frequentatissimo, dove ognuno la mattina si alza autoproclamandosi giornalista, senza aver mai studiato per esserlo, ed ogni giornalista, che in preda allo straripante delirio di onnipotenza che la rete gli concede, si sente il giudice supremo della pubblica morale, contravvenendo ai più basilari principi della corretta informazione. Di esempi ne abbiamo tanti, soprattutto in Campania, dove è stato creato il sistema dell’estorsione a mezzo stampa, un giochetto che consiste nel ricoprire di fango la vittima di turno ed indurla a sborsare soldi, mascherati nella migliore delle ipotesi come pubblicità, utili a porre fine al pubblico ludibrio. Cosi capita che un imputato si veda condannato dai giornali o dai social prima ancora di essere processato. Carriere finite, vite compromesse, attività in fumo, reputazione cancellata per poi, a distanza di qualche anno, vedersi assolto perché il fatto non sussiste. Ormai è fin troppo evidente che il sistema non funziona e chi dovrebbe vigilare si volta dall’altra parte. All’ombra della fontana Beatrice, dove Don Gianfranco Roncone è cresciuto, si è pregato affinché questo incubo finisse nel migliore dei modi e quest’oggi nel Tribunale di Santa Maria Capua Vetere il religioso, dopo un lungo periodo passato agli arresti domiciliari e poi con obbligo di dimora, è tornato ad essere libero da ogni misura nonostante la Procura avesse chiesto una condanna ad 8 anni e 6 mesi di reclusione. Per i giudici, l’accusa di violenza sessuale su un minore di 16 anni e di induzione alla prostituzione minorile nei confronti di un 17enne, due adolescenti di origine albanese, cade perché “il fatto non sussiste”. Dall’inchiesta è scaturita però una condanna a 18 mesi di carcere con pena sospesa per la detenzione di materiale pedopornografico ritrovato nel computer. La Curia lo ha sospeso dal 2020.
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