Napoli/Sparanise – Doccia fredda per il consigliere di minoranza Antonio Merola, in passato più volte sindaco di Sparanise, che ieri, con altre 19 persone, è stato rinviato a giudizio dal GUP del Tribunale di Napoli per bancarotta fraudolenta della Eco 4, ex braccio operativo del Consorzio Intercomunale rifiuti CE4.
Merola, che di ente e società rivestì ruoli apicali, unitamente agli altri indagati, era finito sotto la lente di ingrandimento della Procura Distrettuale Antimafia di Napoli che nel giugno del 2019 gli notificò un avviso di conclusione indagini relativo alla bancarotta fraudolenta della Eco 4, Per altri si è poi configurata l’aggravante mafiosa dall’articolo 7, (condizione questa che ha di fatto impedito la prescrizione) nell’ambito dello scandalo legato al Consorzio Intercomunale rifiuti CE4.
Dunque l’impianto accusatorio della Procura Antimafia napoletana ha retto e ieri il GUP ha rinviato a giudizio gli ex sindaci Antonio Merola (Sparanise), Giuseppe Di Bernardo (Camigliano), Antonio Bonaccio (Pastorano), l’ex assessore Francesco D’Alonzo (Pignataro Maggiore), Antimo D’Errico di Bellona, Mattia Di Lorenzo di Carinola, Pasquale Cammuso di Giano Vetusto e di Antimo D’Errico di Bellona. A questi si aggiungono i nomi dell’imprenditore Sergio Orsi di Casal di Principe, Giuseppe Valente (Mondragone), Giovanni Trapani (Caserta), Arturo Russo (Santa Maria la Fossa), Antonio Russo (già sindaco di Carinola), Michele Ragucci (Pozzuoli), Massimo Picariello (Cancello Arnone), Giuliano Palmieri (Francolise), Michele Pacifico (Mondragone), Enzo Gambardella (Santa Maria Capua Vetere) e Vincenzo Zitiello (San Marco Evangelista), che dovranno comparire dinanzi al tribunale di Santa Maria Capua Vetere, III sezione, collegio A, il prossimo 20 aprile.
I rinviati a giudizio sarebbero responsabili, a vario titolo, della bancarotta fraudolenta che portò al fallimento del Consorzio Eco Quattro. Si legge: ” … in concorso tra loro, quali componenti del Consiglio di amministrazione del Consorzio Eco Quattro, società dichiarata fallita con sentenza Tribunale di Santa Maria Capua Vetere del 1/4/08, hanno contribuito a cagionare il dissesto della società, omettendo di svalutare nell’esercizio 2005 ulteriori crediti nei confronti del comune di Castel Volturno per 6.522.941 euro e quindi evidenziando in tale bilancio un patrimonio netto fittiziamente positivo di € 2.764.384 (rispetto al reale deficit patrimoniale di € 3.758.558 con ciò eludendo gli obblighi previsti dagli art. 2447 e 2448 del codice civile e consentendo alla società di proseguire 1’attività senza provvedere alla copertura delle perdite, al rifinanziamento da parte dei soci o alla sua trasformazione e/o scioglimento. Con le aggravanti di aver commesso più fatti di bancarotta fraudolenta e di aver cagionato un danno patrimoniale di rilevante gravità”. Per la cronaca, l’aggravante dell’articolo 7 d.l. n. 152/1991 (oggi art. 416-bis.1 c.p.) che prevede l’aumento di pena quando la condotta tipica sia consumata al fine di agevolare le associazioni mafiose, ha, di fatto, evitato la prescrizione e potrebbe portare il Prefetto di Caserta finanche alla sospensione dal consiglio comunale degli indagati che rivestono tale ruolo. L’istituto della sospensione degli amministratori degli enti locali assoggettati a un procedimento si verifica, infatti, al momento del rinvio a giudizio, peraltro limitatamente al delitto di associazione a delinquere di stampo mafioso (art. 416-bis c.p.) ovvero al favoreggiamento dello stesso.
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