Sparanise, di Ilario Capanna – Durante il secolo scorso, Albert Einstain disse: “Guarda in profondità nella natura, e capirai tutto meglio”. Mi piace pensare che stia tutta in questa frase l’essenza della vita di Peppe Pagano, venuto a mancare proprio oggi a causa di una malattia che non gli ha risparmiato nulla. Eppure se penso alla vita di Peppe, avendone condiviso tantissimi momenti in tempi diversi e diluiti negli ultimi 35 anni con amabili chiacchierate, non riesco a vedere la sua morte come un distacco definitivo. Ci sono troppe storie, tanti aneddoti, e tantissime emozioni che certificano la sua non morte nei cuori di tutti quelli che lo hanno conosciuto. La vita di Peppe trova infiniti riferimenti nella “Persistenza della memoria” di Salvador Dalì, dove ogni orologio, diverso nella forma, segna orari differenti a simboleggiare le diversa percezione del tempo. Già, il tempo. Anche se Peppe oggi, a soli 68 anni, ha lasciato i familiari, i tanti amatissimi nipoti e i tantissimi amici, sono certo che il suo tempo non svanirà mai. Diciamocelo chiaramente e con onestà intellettuale: Peppe Pagano era un mito. Uno dei pochissimi personaggi di Sparanise che possano essere definiti tali. Lo era per le sue convinzioni da vero hippie. Per il suo essere uno spirito libero ed anticonformista. Per il suo essere un cittadino ancora capace di sognare un mondo libero e governato dalla pace e dall’armonia con la natura. Mi avrebbe fatto piacere conoscere il suo pensiero sugli ultimi 3 mesi di vita del pianeta Terra e sono certo che avrebbe raccontato una storia da una prospettiva completamente diversa dai luoghi comuni. Se non conoscevi veramente l’anima di Peppe eri spesso indotto a non capire dove finiva la persona e dove iniziava il personaggio o viceversa. Il fatto è che dopo 10 minuti, se avevi la giusta sensibilità ed un minimo di empatia, la connessione col suo mondo era automatica. E ti piaceva. Peppe non era laureato ma parlava correttamente Francese, Inglese e spagnolo perché era una spugna, perennemente assetato di cultura. Aveva viaggiato tanto. Parigi, Londra, Cuba e tantissimi altri Paesi, soprattutto quando lavorava per la Reditab, il tabacchificio di Sparanise. Spesso lo faceva in compagnia di Franco Paone, venuto a mancare improvvisamente la settimana scorsa. I due erano amici di lunga data ed è per me un onore ricordarli insieme raccontando un aneddoto che dovrebbe inorgoglire i miei concittadini. Quando Franco Paone ed i suoi soci riuscirono a portare al Palatenda Holiday una leggenda della musica come Ray Charles, Peppe Pagano fece da interprete e riuscì ad instaurare un rapporto di empatia pazzesco con l’artista e la sua band. Dopo il concerto ci fu una sorta di terzo tempo di stampo rugbistico, con una bella bevuta collettiva e tante risate nei camerini. Peppe era un uomo di cultura che amava diffondere il sapere. Leggeva di tutto, dal semplice quotidiano ai testi di filosofia indiana e li leggeva anche in lingua originale. L’aspetto che ne faceva una sorta di maestro di strada un po’ hippie e parecchio alternativo, emergeva quando cercava di trasmettere il contenuto dei testi piuttosto che i concetti chiave, a chiunque avesse la pazienza di intrattenersi con lui fumando una sigaretta o sorseggiando una birretta. Lo faceva anche con chi non aveva mezzi culturali adeguati alla comprensione di tematiche filosofiche. E il bello è che ci riusciva pure. Quando poi raccontava gli aneddoti di questi incontri “sapere on the road oriented”, non si risparmiava nella descrizione delle espressioni facciali degli interlocutori e spesso li sintetizzava con una battuta e li chiudeva con una fragorosa risata. Potrei raccontare una quantità di battute infinite perché avendo un’intelligenza veloce, riusciva a dipingere il momento in chiave ironica in maniera assolutamente originale. Eppoi Peppe amava la natura. La natura nella sua essenza. Aveva un rapporto privilegiato con la collina di Sant’Antonio dove nel 2017, da solo, riuscì a creare una piccola oasi colorata da fiori ed inebriata dal profumo. Accettò e vinse la sfida con il terreno impervio e scosceso per regalare un angolo di colore ad una cittadina che troppo spesso si rinchiude nel grigiore dell’odio e del rancore e mal sopporta chi si apre alla condivisione ed alle emozioni positive. Peppe amava la musica. Potrei raccontare storie di concerti e di nottate trascorse a raccontare storie di concerti. Nelle cinque edizioni dello Sparanise International Blues Festival era il nostro ospite d’onore fisso. Sempre in prima linea quando si trattava di parlare con gli artisti e di accompagnarli in lunghe e riflessive chiacchierate post esibizione. Eppure Peppe aveva una visione dell’universo mondo che oggi si sta dimostrando più che mai attuale, soprattutto relativamente alle tematiche ambientali. Dalle collina di Sant’Antonio alle sperimentazioni trascendentali in stile orientale. Dalle illusioni hippie alle contestazioni sessantottine del periodo parigino. Dalla Citroen Pallace, passando per il pub Stars & Stripes, le avventure con la Uaz di Ferdinando, il risveglio nel cassonetto della spazzatura e le notti trascorse sulla collina in tenda. Fino alla perfetta simbiosi con agli adorati ed inseparabili animali, ed allo stile di vita green in sella alla sua fidata bici multicolore. Il funerale, con restrizioni dovute alla pandemia, avrà luogo nella giornata di domani. Insomma, caro Peppe: tu eri un mito. Con te se ne va un mondo che si chiama ieri, di cui c’è ancora un disperato bisogno domani. Rest In Peace Pé, we will miss you! !
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