Sparanise – Si svolgerà il prossimo 3 agosto, nella sala conferenza del centro parrocchiale “Don Tonino Bello” di via Palumbo, la presentazione del libro “La Grande Illusione” scritto da Bruno Ranucci. L’interessante volume narra dell’industrializzazione di Sparanise degli anni ‘60, in pochi anni trasformata da nobile cittadina di transito dell’ubertosa Terra di Lavoro a capitale industriale del mezzogiorno d’Italia. Ranucci accende i riflettori del ricordo iniziando dalla travagliata nascita fino alla morte indotta di un progetto industriale definito unico in Italia, a partire dall’elemento architettonico per virare poi sugli aspetti sociale, economico e culturale. Quella di Bruno Ranucci è un’analisi accurata, attenta e meticolosa anche sotto l’aspetto grafico, di uno scenario storicamente acclarato e malamente passato alla lunga cronaca degli italici fallimenti, industriali e post industriali, che, tuttavia, non sfigurerebbe se fosse, invece, parte di una storia ambientata in un futuro certamente distopico ed a tinte grigie. E non è un caso se la fine analisi dell’autore finisce per inglobare nella narrazione anche più elementi come il sogno di un futuro industriale, la questione nord-sud, la politica costruttiva e quella distruttiva, i formidabili anni ‘60 ed i tumultuosi ’70 e finanche una trasposizione del bene e del male in chiave calena. Insomma, nel libro c’è tutto, ma proprio tutto per farsi un’idea dei concetti costi-benefici e problema-opportunità, passati e ripassati nella lente di ingrandimento dell’autore che in alcuni passaggi, risaputo l’amore viscerale ed incondizionato che nutre per la propria “piccola patria antica”, assume anche un aspetto affettuosamente romanzato nei confronti di chi, invece, per inappellabile verdetto della storia, avrebbe meritato ben altro trattamento. Nel libro sono passati al setaccio momenti che fanno parte della storia di Sparanise e di quello che era il più importante polo industriale del sud Italia, (che contava più di 2000 occupati), che, a distanza di quasi 40 anni urlano ancora vendetta. Momenti e storie che si intrecciano nei ricordi di chi, attraverso un padre, una madre o un parente che ha lavorato nella Pozzi, rivive nel passato l’ebbrezza della speranza di un futuro ricco ed opulento durato troppo poco e maledice quel passato rimasto fermo in un grigio ed immobile presente che non è mai più diventato futuro.
E’ proprio vero che la differenza, nel bene e nel male, è data dal valore degli uomini che si cimentano nell’impresa. A Bruno Ranucci va dato il merito di aver svelato, direttamente ed indirettamente, con analisi e puntiglio, alle menti ed ai cuori dei più giovani, tutto il bene (durato troppo poco) ed il male (che persiste come un totem) che le generazioni di ieri sono state capaci di fare a quelle di oggi. Un’operazione nostalgia per un tempo passato che mai più tornerà. In definitiva, volendo azzardare una metafora, Sparanise, tutto sommato, è come Chernobyl. Dopo il disastro, pian piano, la natura, con pazienza e zelo sta cancellando il nefasto passaggio dell’uomo e lo sta riconducendo alle origini, rigenerandolo e portandolo a nuova vita. La salvezza di Sparanise passa per la valorizzazione dell’unica grande risorsa di cui dispone in quantità: la terra e la sua straordinaria fertilità. Se si vuole immaginare un futuro compatibile con l’essere umano è li che bisogna puntare attenzione, risorse ed investimenti perché la storia ha decretato che il popolo sparanisano, abituato a raggiungere enormi risultati in tutti i settori ma rigorosamente fuori dalla cinta muraria delle “piccola patria antica”, ha già ed a più riprese dimostrato che non è antropologicamente compatibile con l’industria. O forse, molto più semplicemente, è l’industria che da queste parti non “ci fa l’aria”…
|