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Provoca la lite, la vittima si difende e lui vendica “l’onta” investendolo

Il giovane è ricoverato al S. Anna in prognosi riservata
5/12/2018 17:42

Sparanise – Una sequenza di agghiacciante violenza sfumata in tragedia quella che si è consumata lunedì sera in via Abate Roffredo, nei pressi della biforcazione che porta alla stazione ferroviaria, che sta tenendo con il fiato sospeso tutta la comunità. Stando alle prime indiscrezioni, all’origine della lite ci sarebbero futili motivi legati alla viabilità che avrebbero spinto Donato De Rosa, trentenne del luogo, già identificato dai Carabinieri della stazione di Sparanise agli ordini del maresciallo Giuseppe Bisesto, e per il quale la Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere potrebbe emettere presto un provvedimento restrittivo, a provocare e tentare di aggredire S.D.F., sedicenne studente dell’ISISS Foscolo di Teano-Sparanise, residente a Francolise. In base ad una prima sommaria ricostruzione, tra i due sarebbe scoppiata una lite nel corso della quale, nonostante la giovane età, S.D.F., promettente atleta di arti marziali, si sarebbe ben difeso dal tentativo di aggressione subito dal 30enne. Sembrava tutto finito con gli amici del minorenne accorsi a sedare la lite ma evidentemente, il De Rosa, pubblicamente colpito “nell’onore” dalla energica ed efficace difesa del ragazzo, avrebbe dato immediatamente seguito alla vendetta. Di li a pochi minuti, mentre S.D.F. faceva ritorno a casa in sella al suo motorino, percorrendo via Posta Vecchia in direzione di via Appia, Il De Rosa lo avrebbe inseguito ed investito per poi darsi alla fuga. Un gesto di inaudita violenza che avrebbe scaraventato il giovane oltre il ciglio della strada. Sul posto, allertati dai primi soccorritori si sono recati i Carabinieri ed il personale medico del 118 che lo ha subito trasportato all’ospedale S.Anna e S. Sebastiano di Caserta in codice rosso. Al momento S.D.F., è ancora ricoverato nel nosocomio casertano in prognosi riservata ma, secondo quanto trapelato dalle autorità e dal personale medico, non sarebbe più in pericolo di vita. Per le gravi ferite riportate in seguito all’investimento non è dato sapere quando ed in quali condizioni il giovane studente potrà fare ritorno a casa. In molti temono che a causa del violento impatto possa aver subito seri danni alla colonna vertebrale. Intanto la triste notizia si è rapidamente diffusa in città creando dolore, sgomento ed anche una fortissima e diffusa indignazione. Un atto di violenza grave al quale deve fare seguito una ferma presa di posizione e di condanna da parte della società civile. Non si può arrivare a mettere a repentaglio la vita di un ragazzo per motivi cosi futili. Certo, ora è il momento della preghiera ma è necessario riflettere e condannare atti di violenza che nel 2018 non devono più verificarsi. Quanto è accaduto al giovane S.D.F. sarebbe potuto capitare a qualsiasi altro minorenne di Sparanise e questo non è ammissibile. Intanto, dal comando della stazione dei Carabinieri fanno sapere che le indagini sono ancora in corso ed al momento il De Rosa, che appartiene ad una famiglia balzata alla cronaca nera e giudiziaria negli anni ’80 e ’90, in un filone di inchiesta noto come “la mattanza degli zingari”, risulta ancora irrintracciabile. Proprio recentemente, in base alle dichiarazioni di un pentito di camorra, sono finiti sotto processo alcuni esponenti del clan La Torre di Mondragone, che sarebbero stati indicati come i mandanti dell’assassinio del padre del De Rosa in questione. Stando alla ricostruzione Teodoro De Rosa (noto con il nomignolo di “maciste”) ed il cugino Osvaldo, indicati come responsabili di furti di bestiame nelle zone controllate dal clan che faceva capo ad Augusto La Torre, attualmente in carcere, furono ammazzati in una campagna del litorale domizio. Successivamente, per sviare le indagini, i loro cadaveri furono trasportati in una campagna dell’agro caleno e successivamente dati alla fiamme nella loro autovettura. Stessa sorte toccò prima e dopo ad altri due componenti della famiglia, tutti caduti per mano della Camorra. Il capostipite, noto con il nomignolo di “papaniello”, fu trucidato a colpi di mitra e di fucile in piazza Giovanni XXIII, in quello che è passato alle cronache come l’assassinio di Natale. Il secondo, tale Renato De Rosa (noto con il nomignolo di maradona per la somiglianza con l’asso argentino), venne ucciso a pistolettate sull’uscio di casa da un killer a volto scoperto nella centralissima piazzetta Ranucci.
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