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Cittadini ed ambientalisti insieme per dire stop allo scempio dell’agro caleno

Invocata la bonifica e chiesto lo stop alla biomasse
28/6/2015 12:53

Calvi Risorta, di Gianluca Giannini – Si i è tenuto ieri a Calvi Risorta il corteo ambientalista che ha portato il blocco del traffico della statale Casilina. I manifestanti, scesi per le strade a protestare contro la discarica di rifiuti tossici rinvenuta nei giorni scorsi nell’area industriale della ex Pozzi Ginori ricadente nel comune di Calvi Risorta, hanno invocato a gran voce la bonifica dell’area e chiesto lo stop immediato della procedura per la costruzione di una centrale a biomasse proprio sul terreno in questione.
Già: la ex Pozzi ! Sono decenni che l’area è oggetto di attenzione da parte delle istituzioni locali e delle forze dell’ordine ma nel clamore giornalistico esploso in questi giorni, come purtroppo spesso accade, qualcuno, probabilmente preso dalla frenesia e dall’eccitazione mediatica, ha dimenticato o peggio no sa, che la stragrande maggioranza della superficie dell’opificio che un tempo dava occupazione a migliaia di persone, è stata interessata da una capillare opera di bonifica quasi venti anni fa. L’area in oggetto ricade nel territorio del comune di Calvi Risorta e già nel 1978, dunque ben 37 anni fa, l’allora comandante della stazione dei carabinieri di Sparanise l’indimenticato maresciallo Giuseppe Clemente, recatosi sul posto per verificare le cause che avevano portato al malore di alcuni braccianti agricoli intenti a lavorare vicino all’area in oggetto, ebbe modo di segnalare tutte le “anomalie” che fuoruscivano da quel terreno. Cosa è successo da allora ? Nulla. Eppure sono anni che le istituzioni locali, sicuramente quella di Sparanise ma probabilmente anche quella di Calvi Risorta, chiedono un intervento radicale di bonifica di quella zona perché tutti sapevano che quel fazzoletto di terreno è stato utilizzato per decenni, dunque ben prima dell’entrata in vigore della legge sul corretto smaltimento dei rifiuti, per sotterrare in fusti gli scarti di lavorazione, i solventi ed prodotti chimici utilizzati nel processo produttivo della grande fabbrica. Sono perciò quanto meno singolari e prive di alcun riscontro scientifico tutte quelle esagerazioni mediatiche in circolo da qualche settimana a questa parte. Per carità, è giusto denunciare e gridare la propria indignazione ma bisognerebbe anche misurare la portata di certe affermazioni ed i danni che esse provocano sulla fragile economica agricola del territorio caleno. Qualcuno, nella gara a chi la spara più grossa per ottenere un’inquadratura della Rai piuttosto che di Mediaset o SKY, parla addirittura della più grande discarica d’Europa. Bene: dov’è questa classifica ? Chi e in base a quali parametri l’ha redatta ? Vogliamo parlare delle presunte scorie nucleari o dell’agro caleno inserito “terra dei fuochi” ? Al momento, in base ai rilevamenti fatti dagli organi preposti sembrerebbe, ma si attendono comunque i risultati ufficiali, che il materiale sotterrato riguardi solo “monnezza industriale locale”. Dunque, prove alla mano, come tra l’altro sostengono anche i comitati dal basso che da anni si battono con onestà intellettuale a sostegno dell’ambiente, qui la “terra dei fuochi” non c’entri nulla. Tutto lascerebbe presupporre che stavolta, almeno stavolta, e con sommo dispiacere dei professionisti dell’anticamorra militante, proprio la camorra non c’entri una “beneamata cippa”. Qui, cari signori, siamo, purtroppo, “semplicemente” di fronte alla risultante della strafottenza e del fallimento di un’intera generazione composta da “certi” imprenditori senza scrupoli, geneticamente predisposti a risparmiare su tutto figurarsi sui salatissimi oneri di conferimento in discarica; di “certi” amministratori cafoni ed ignoranti, che per decenni si sono preoccupati solo di coltivare il proprio orticello elettorale, magari con la complicità degli imprenditori di cui sopra; della classe politica provinciale, regionale e nazionale che ancora preferisce spendere vagonate di milioni di euro in operazioni inutili piuttosto che programmare e realizzare necessarie opere di bonifica e di rilancio industriale sostenibile e di provvedere direttamente ed in maniera più attenta al monitoraggio di acqua e suolo; di un sistema impositivo fiscale che prevede tasse altissime ed insopportabili per smaltire gli scarti della lavorazione industriale e che diventa perciò complice dello smaltimento illecito. Siamo, quindi, di fronte alla più classica delle condizioni che hanno fatto si che l’Italia scivolasse sempre più in basso nelle classifiche che misurano la qualità della vita e del benessere dei cittadini. Quando si arriva ad una situazione in cui lo Stato stanzia decine di milioni di euro destinate ai privati per favorire la creazione di impianti per lo smaltimento differenziato dei rifiuti e trascura, invece, le urgentissime opere di bonifica del suolo e del sottosuolo proprio di quelle aree poi oggetto dell’investimento privato, vuol dire che non c’è più neanche la speranza di poter vivere in un Paese civile. Dunque stiamo qui, ancora una volta, a fare la gara a chi ha il territorio più inquinato, a chi possiede la discarica più grande d’Europa o l’aria più inquinata del pianeta e a chi si indigna più dell’altro mentre in realtà i problemi rimangono irrisolti ed i prodotti agricoli frutto del lavoro dei migliaia di addetti viene immotivatamente e colpevolmente mortificato. Questa è, esimi luminari dell’informazione locale, l’amara conclusione di una pantomima che va avanti da decenni e che, ahimè, sembra non arrivare mai ai titoli di coda….
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